Recensione: Nel mondo sereno di Anna Nicoletto


TRAMA

Luigi ha ottantun anni quando entra nel mondo sereno. Suo figlio sta partendo per le vacanze e lui dovrà trascorrere tre settimane nella Casa della Serenità in attesa che la sua badante Yuliya torni dall’Ucraina.
Ma il tempo dietro il portone massiccio di via della Pace scorre secondo regole incomprensibili, è fatto di attimi che si dilatano all’infinito, di dettagli che come severi giudici lo costringono a soppesare ogni scelta compiuta. In un presente brulicante di inutili figuranti di passaggio, il viaggio nel passato alla ricerca degli errori commessi sembrerebbe l’unica avventura possibile. Cercare un senso alla sequenza di avvenimenti che hanno composto la sua vita è naturale, dimenticarne le conseguenze è impossibile. Perché in fondo è solo una la paura che lo divora: quella di non aver lasciato niente.

RECENSIONE

Voi tutti saprete quanto io adori i romanzi di Anna Nicoletto. Questa volta però Anna, ha deciso di lanciarsi in una nuova sfida, ha accantonato per un attimo il romance, e si è dedicata alla narrativa. Se l’esperimento è riuscito? Beh i miei occhi lucidi lo dimostrano. Anna si è superata e mi ha conquistata completamente con questa nuova storia.

Prima di tutto ho apprezzato moltissimo il tema che affronta, un tema che viene sempre lasciato un po’ in disparte, ossia la senilità. Il protagonista di questo romanzo, infatti, è l’ottantenne Luigi, che viene portato contro la sua volontà, dal figlio, in una casa per anziani chiamata “Serenità.”  All’interno di quelle mura però il signor Luigi non trova quell’agognata “Serenità”, ma si sente imprigionato, in gabbia, lontano dalla sua casa, dalle sue abitudini, dai suoi amici e circondato da infermiere e persone malate che non fanno altro che ricordargli quello a cui prima non voleva pensare, che cercava insieme agli amici al bar, di sorvolare: la vicinanza della morte.

“Ingiustamente rinchiuso, a meno che essere vecchi non fosse erede di una nuova generazione di colpe.”

Inizialmente Luigi si ribella, cerca di stare lontano da tutti, non fa amicizia, non partecipa alle attività, sperando così di poter tornare a casa. E durante questa solitudine autoimposta rifletterà sulla vita, su chi era, su come è finito lì dentro. Molte e profonde sono le riflessioni del signor Luigi, ognuna delle quali vi colpirà direttamente al cuore. È così umano, così vero, che in lui non vedrete solo i vostri nonni o i vostri genitori ma anche un po’ voi stessi: l’ambizione, l’amore, il compito difficile di diventare genitori e ancora quello più arduo di essere figli.


I giorni, i mesi passano e piano piano anche lui entra a far parte della vita all’interno di quel mondo a parte. Inizia a vedere le persone dietro i camici bianchi o le carrozzine e spinto da una delle terapiste inizia a scrivere, con la voglia di capire che cosa ha sbagliato e come possa rimediare, se ancora c’è del tempo.

“C’è chi dice che l’età migliore sia l’infanzia, oppure la giovinezza. Ma dell’infanzia non ce ne ricordiamo metà e la giovinezza la gettiamo nella lotta contro gli altri, contro noi stessi, alla ricerca di ciò che saremo e di ciò che potremo, a dimostrare che anche per noi esiste una strada, e poi la troviamo ma senza le forze e la consapevolezza per percorrerla, ed è tutta una corsa in salita con il fiato corto.”

Un uomo ordinario il signor Luigi, potrebbe essere nostro nonno o il nostro vicino di casa. Ha vissuto, ha amato, ha commesso errori come tutti noi e con la sensibilità tipica di chi ha superato le varie prove della vita, ci prende per mano e ci fa riflettere. Un romanzo scritto perfettamente, senza sbavature, profondo e commovente. Le descrizioni e i paragoni sono meravigliosi. Sicuramente un romanzo che non dimenticherete.

VALUTAZIONE



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